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Riflessioni sul consumo consapevole

No more make-up

Non so se vi siete accorti dell’ondata di video sul consumo consapevole che ha travolto YouTube. Soltanto qualche settimana fa anch’io, all’oscuro di questo nuovo fermento, scrivevo un post molto critico nei confronti della GlossyBox e di quella che definisco “l’era dell’accumulazione”, e su Facebook dichiaravo a tutte le mie lettrici che avrei ridimensionato i miei acquisti di cosmetici.

 

Da qualche giorno ho scoperto e ascoltato con molto interesse i video di Lucie, di Cristina, di Camilla (2), di Emanuela (2), di Elena e di Valentina, e ho cominciato a lasciare centinaia di commenti per esprimere la mia opinione. Adesso ho deciso di raccogliere le idee e dedicare un intero post all’argomento.

Cominciamo dall'inizio.

 

YouTube nasce nel 2005 come un contenitore di video amatoriali. Poche e semplici regole dovevano essere rispettate per caricare e diffondere i propri video.
I primi problemi nascono con i video girati a scuola che inneggiano al bullismo contro i compagni più deboli o peggio contro quelli portatori di handicap. Scattano denunce, provvedimenti legislativi e nuove regole più ferree a tutela degli utenti.

 

Nel 2008 una ragazza italiana che studia come make-up artist a New York fa conoscere il mondo dei tutorial di trucco anche all’Italia. Fino ad allora, la community interessata al make-up era monopolizzata dalle ragazze anglosassoni e non esistevano tutorial in italiano.
La community italiana comincia ad allargarsi a vista d’occhio sia nel numero delle utenti che ogni giorno visualizzano i video tutorial, sia nel numero delle Youtuber che imbracciano una telecamera e insegnano a stendere l’ombretto e a realizzare uno smoky eyes. Il meccanismo che scatta è semplicissimo: il make-up è da sempre una delle grandi passioni delle donne e in questi video ragazze giovani e capaci insegnano ad altre ragazze come essere più carine e più curate grazie al trucco; una sorta di “club del trucco” in cui un gruppo di amiche si scambia consigli sulle mode del momento, sui prodotti più validi e sulle tecniche per realizzare un make-up da giorno o da sera.

Ovviamente in questi video tutorial si nominavano e usavano cosmetici veri, acquistati dalle Youtuber e mostrati a centinaia di persone. Chi non aveva mai sentito parlare della MAC, adesso non poteva fare a meno dello Shadestick mostrato da Clio, del Fix+ per bagnare l’ombretto e dei pennelli da trucco; chi prima si truccava usando le trousse Pupa e le spugnette in dotazione, adesso sognava una palette 88 colori per realizzare gli stessi look delle guru di YouTube.
Entravi in una profumeria (multimarca o peggio in uno store MAC) e i commessi sapevano già cosa avresti chiesto, perché prima di te erano entrate altre cento ragazze che desideravano acquistare i tuoi stessi prodotti.

Come non approfittare di un fenomeno di massa simile? In un periodo di crisi nera per il commercio, il mercato dei cosmetici non conosceva flessioni, anzi! Le aziende cosmetiche drizzano le antenne e cominciano a contattare le Youtuber più seguite; propongono collaborazioni, sponsorizzazioni e lauti regali. YouTube stesso si inventa un sistema di partnership che coinvolge i canali più visualizzati e con più iscrizioni, una sorta di Google Adsense: ti paghiamo per quanti click ricevono i tuoi video.

Questo meccanismo di interconnessione tra Youtuber, aziende cosmetiche e potenziali acquirenti si fa strada un po’ in sordina fino a coinvolgere a tappeto quasi tutta la community. Oltre ai tutorial, i canali si arricchiscono di recensioni di prodotti, concorsi a premi, giveaway (a culo!) in cui la maggior parte delle volte si parla di prodotti non direttamente acquistati da chi quel video lo sta girando, ma veri e propri regali-specchiettoperleallodole che fanno pubblicità (gratuita) a se stessi.

È il mondo dei balocchi, ma è anche un circolo vizioso: le Youtuber sono contente perché ottengono cosmetici gratuitamente, le utenti sono contente perché ricevono regali, le aziende cosmetiche sono contente perché i volumi di vendita triplicano e i costi per la pubblicità si dimezzano.
Nel frattempo le “make-up collection” crescono a dismisura e qualcuno comincia a sollevare qualche dubbio: ma tutte queste recensioni saranno oneste? Insomma, se io ricevo un prodotto gratis faccio una certa fatica a dire a tutte le mie iscritte che fa schifo, no? E se comincio a dire che niente è bello, utile e indispensabile le aziende non mi manderanno più nulla, le mie iscrizioni caleranno e la Youtuber del canale accanto diventerà ricca e famosa al posto mio!

 

Le critiche e i dubbi sull’onestà di certe recensioni diventano tali da rendere necessario un provvedimento: nasce il FTC disclaimer (a difesa dei soli consumatori americani, per altro). Un avviso da collocare nel box informazioni di ogni video in cui la Youtuber dichiara se è direttamente pagata dalle aziende produttrici dei prodotti che ha menzionato, se i prodotti sono stati acquistati da lei o inviatile in omaggio, se il video è sponsorizzato da un’azienda cosmetica e che, nonostante tutto questo, le sue opinioni rimangono oneste al 100%. Aria fritta in sostanza! Questo regolamento non serve certo a garantire l’onestà di una recensione, ma smaschera la debolezza del mezzo YouTube in difesa dell’utente. Se la pubblicità era prima appannaggio esclusivo della televisione, dei giornali e dei mass media, adesso anche YouTube entra a forza in questo mercato e necessita quindi di nuove regole. Si tratta di una pubblicità più subdola rispetto a quella televisiva: queste ragazze instaurano un rapporto di stima e quasi di amicizia con le loro iscritte, e grazie a questo rapporto di fiducia riescono ad avere una forza persuasiva mille volte maggiore rispetto a un qualsiasi spot pubblicitario.

Questo meccanismo rimane tutt’oggi incontrollato e ha generato negli anni una sindrome da shopping compulsivo collettivo ben riconoscibile da chiunque segua questa community. Le Youtuber sono migliaia, le collezioni di make-up sono patologicamente ingombranti e il limite agli acquisti non viene mai nemmeno menzionato. Tutto viene giustificato in nome di una passione, o viene mascherato sotto il cappello del lavoro da make-up artist.

La verità è che la passione è diventata collezionismo e il collezionismo è diventato mania. I cosmetici sono beni di consumo, hanno una data di scadenza, vanno a male e nascono per essere usati sul viso e sul corpo, collezionarli non ha molto senso. Avete mai conosciuto qualcuno (sano di mente) che collezioni mozzarelle, o caviale o panini? Per usare tutti quei cosmetici dovremmo essere mille donne diverse ogni giorno, e forse non basterebbe…

Eppure se qualcuno si permette di avanzare una critica a tale sfrenata accumulazione di roba, la risposta è “Coi miei soldi faccio ciò che voglio! Ognuno ha le proprie passioni!”.

Vi pongo un interrogativo: davvero non esiste un limite? Davvero è tutto giustificabile in nome della passione e della capienza economica?

 

La questione lavoro è un altro interessante capitolo. Quante guru di YouTube sono veramente make-up artist? Poche, pochissime, ve lo assicuro. Molte chiamano lavoro proprio quello che alcune utenti criticano, ovvero le collaborazioni con le aziende, girare video per quello e quell’altro, pubblicare libri da guru del make-up e rilasciare interviste. Nel frattempo ricevono container pieni di trucchi da parte delle aziende cosmetiche, che stipano in casa loro in decine di cassetti e cassettiere Ikea.

 

Da qui nasce la riflessione sul consumo consapevole. Le Youtuber volenti o nolenti generano un flusso di acquisti notevole, creano nelle utenti il desiderio prima sconosciuto di cosmetici sempre nuovi.  Può tutto questo rimanere fuori dalle norme che regolano gli altri mass media in riferimento alla pubblicità? Ci troviamo davanti a un fenomeno sociale nuovo, che nessuno fino a qualche anno fa si sarebbe mai potuto immaginare.

Non credo che YouTube nasca con un intento educativo e sono fermamente convinta che non si possa imporre alla Youtuber di essere modello per le sue iscritte. Però è importante saper riconoscere un fenomeno, chiamarlo con il giusto nome, dargli il peso che merita e magari far circolare una voce fuori dal coro che generi il ragionevole dubbio anche nelle menti più deboli e più difficili da tutelare, come le ragazzine e le bambine.

Secondo me è importante prendere le distanze dallo shopping compulsivo di massa e dall’era dell’accumulazione anche da parte di chi è appassionato di make-up. Riconoscere che dietro a quelle enormi quantità di trucchi ci sia un problema, il superamento di un limite razionale, a prescindere dalla forza della propria passione o dal proprio conto in banca.

 

Luca Mercalli in questo interessante video per il canale di Beppe Grillo dice:

Fermare la crescita vuol dire non avere questo dogma assoluto che il benessere sia fatto sempre e solo di un’aggiunta di qualche cosa, senza renderci conto che ci sono dei livelli minimi del benessere delle persone, che devono essere chiaramente raggiunti e corrispondono al soddisfacimento dei bisogni. I bisogni fondamentali dell’uomo ormai li conosciamo bene, e nei Paesi occidentali li abbiamo soddisfatti tutti. […] Ma più in là andiamo, più ci accorgiamo che l’elenco di questi bisogni fondamentali termina con poche decine di temi, il resto comincia sempre più a diventare un superfluo che – guarda caso – negli ultimi vent’anni è stato costruito su un immaginario televisivo-pubblicitario che corrisponde a più mezzi, più beni… capricci, direi, perché quando vediamo la nostra pubblicità inneggiare a modelli di vita dove il successo dell’uomo si misura con quanti cavalli ha nel motore, quanto è più grande la sua automobile, quante più stanze ha nella propria casa, quante case ha in più, quanti viaggi esotici riesce a fare… Insomma è un continuo stimolare la mente su oggetti e proposte di una vita al di fuori dei limiti. È proprio la pubblicità che ci dice “trasgredisci i limiti, non ci sono limiti nel mondo, più compri – e quindi più soldi devi avere – più potrai trasgredire questi limiti e avere una vita di successo”. Ma questa è una trappola mortale!

Il modello che offre Youtube è lo stesso, e l’equazione “quantità di trucchi = successo” è presto fatta. Le guru più seguite hanno case sommerse dai cosmetici, scrivono libri, lavorano per le aziende di make-up più famose, rilasciano interviste e sono oggetto di rubriche in televisione e sui magazine. Nell’epoca della “videocrazia” questo è il vero successo!

 

Anche i beauty blog, infatti, sono stati presi d’assalto dalle aziende cosmetiche, ma la forza delle parole scritte non è paragonabile a quella di un video.

Io, nel mio piccolo, non ho mai messo il mio blog a disposizione delle aziende cosmetiche, e detesto leggere cento recensioni tutte uguali che parlano dello stesso prodotto, della nuova linea di rossetti e del nuovo fighissimo evento milanese. Anch’io sono stata vittima dello shopping compulsivo, ma ho sempre saputo riconoscere un limite (oggi ancora di più) e mi sono sempre interrogata sui meccanismi subdoli e spesso poco trasparenti che stanno dietro a un video di YouTube.

Il problema, sia chiaro, non sono le collaborazioni con le aziende o le sponsorizzazioni; va bene tutto purché l’utente sia tutelato e debitamente informato. Non bisogna demonizzare nessuno, ma bisogna aprire gli occhi e pretendere di non essere considerati pedine passive nelle mani del marketing. Bisogna rendersi conto, a prescindere da YouTube e dalla community del make-up, che c’è un limite a tutto: che non serve avere trecento ombretti, trecento rossetti e trecento smalti. Bisogna riflettere sulle proprie azioni e avere il coraggio di ammettere che si è stati risucchiati dall’euforico shopping compulsivo di massa.

 

Infine, volevo sottolineare una strana coincidenza. Proprio quando le autorità garanti hanno deciso di mettere in atto un giro di vite sui giveaway e i concorsi a premi, è nato spontaneamente e dal basso un piccolo movimento che dietro alla riflessione sul consumo consapevole, nuovamente smaschera quei meccanismi poco trasparenti che sfuggono da qualsiasi regolamentazione.

 

Spero che questo stimolante dibattito/riflessione sul consumo responsabile renda più chiaro il peso che i cosmetici hanno nella vita di tutti noi (anche i più ricchi e i più appassionati), l’importanza del denaro e il nuovo ruolo che il mezzo YouTube si è ritagliato fra i mass media. Spero che il senso critico non muoia mai e che abbia sempre la forza di opporsi al pensiero egemone.

 

NB: voglio chiarire che esistono tantissimi canali YouTube che sono rimasti fedeli all’idea di un contenitore di video amatoriali. Ci sono tante youtuber che condividono la loro passione con le loro iscritte in modo autentico e genuino. Queste sono le youtuber che seguo con più piacere!

11 commenti:

  1. Nonostante questo post dica delle cose giuste (ed altre sbagliate) , la polemica di YT non riguarda questo argomento del consumo consapevole. La lettera che la madre infatti ha scritto (che purtroppo nessuno ha ascoltato con attenzione, nonostante fosse all'inizio del video) metteva in risalto due cose fondamentali: a. che si ammettesse che il trucco fosse INUTILE e b. che le "guru di YouTube" dovevano smettere di dire che era normale avere prodotti costosi perchè questo influenzava negativamente le persone (come i bambini, ma in generale le persone) che le considerano come delle vere idole.

    Quindi parlare di consumo consapevole, per quanto possa essere interessante, non c'entra molto col problema che ha avuto la mamma, perchè tutto quello che c'è scritto qui non avrebbe impedito alla mamma a. di credere che il trucco sia inutile e b. avrebbe impedito alla bambina di rubare i soldi dal portafoglio della madre.

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    1. Il video di TheVhelena è uno dei video coinvolti nella riflessione. Io ho ascoltato molto bene la lettera di cui tu parli e traggo conclusioni diverse da quelle di Elena e tue. Come ho scritto, infatti, non credo che il problema sia solo educativo. A parer mio (ed è da questo che nasce la mia riflessione) il problema sta proprio nel modello imposto dal meccanismo di interconnessione tra il marketing, le youtuber e le utenti. Se si diffondesse il principio del consumo consapevole, quelle che tu chiami "idole" smetterebbero di essere tali e non sarebbe neanche necessario sottolineare delle cose ovvie. E ti assicuro che è proprio questo che impedisce di veicolare certi modelli fondati sull'accumulazione, gli stessi modelli che hanno generato il problema della lettera ricevuta da TheVhelena.

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    2. Credi davvero che una ragazzina non sappia che i trucchi sono inutili? Credi che sarebbe cambiato qualcosa se invece di comprare tre prodotti Chanel avesse comprato 100 prodotti Essence? Secondo me no. Quella ragazzina è vittima del modello imposto esattamente come lo sono molte altre ragazzine, ragazze e adulte appassionate di make-up. Non ho parlato volontariamente di questa lettera perché credo che sia molto riduttivo fermarsi a considerare il caso singolo senza vedere al di là.

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    3. Purtroppo la tua riflessione continua a toccare argomenti che, per quanto interessanti, c'entrano poco con il problema rivelato. Perchè il consumo consapevole non risolve il fatto che una ragazzina RUBA dal portafoglio della madre per comprare dei trucchi. Proprio perchè vai al di là del caso singolo, penso tu sappia che il problema non sta in youtube o nei trucchi, che sono degli esempi di questo caso, che se pure fosse una bambola e il mezzo fosse la radio, la bambina ruberebbe comunque. Il problema sta nell'educazione, perchè è questo che permetterebbe alla bambina a. di filtrare le informazioni dei mezzi (degli idoli) in modo critico tale da non attuare un'azione criminale pur di non avere in modi loschi ciò che desidera e soprattutto b. di capire che rubare è sbagliato. Il consumo consapevole non eliminerebbe il "rubare": se fosse così avremmo già risolto il problema della criminalità.

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    4. Caro Riccardo, ribadisco per l'ultima volta che il video di The Vhelena è solo UNO dei video che hanno ispirato la mia riflessione e il dibattito su YouTube. Se ti interessasse l'argomento, avresti speso qualche minuto per guardare gli altri video che ho citato e avresti capito che il motivo di riflessione va ben oltre la bambina che ruba. La lettera che tu citi potrebbe anche essere una bufala (non dico che lo sia, dico che potrebbe esserlo) e questo la rende un oggetto di discussione inutile; il fenomeno di cui parlo io (e di cui parlano tutti gli altri video) è un fatto accompagnato da numeri, dati. Non mi interessa parlare dell'educazione di nessuno e ribadisco che secondo me non è un problema attribuibile solo a quello. A prescindere dalle azioni di ognuno, l'utente dovrebbe essere tutelato davanti a certi strumenti di business poco trasparenti (come si è tentato di fare in USA con il FTC disclaimer).

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  2. Ma io ho guardato gli altri video e infatti se hai notato ho detto sin dall'inizio che purtroppo nessuno (o pochi, aggiungo) ha ascoltato con attenzione la lettera che era stata letta da TheVhelena (al di là della veridicità) e in tante si sono lasciate andare ad argomenti che, seppur interessanti, non c'entrano niente con i problemi rilevati.

    Perchè parlare di un fenomeno come il consumo consapevole non c'entra col fatto che una ragazzina rubi dal portafoglio della madre per comprare trucchi costosi. Per carità, uno è libero di decidere su un vlog o su un blog qual è l'argomento da trattare, però se fa riferimento ad altri vlog o post dovrebbe trattare quell'argomento; non ha molto senso dire "che non mi interessa parlare di..." visto che è quello l'argomento sviluppato da quei blog o vlog e non altro.

    La tutela è un argomento importante, ma in questo caso non c'entra niente visto che nessuna YT ha mai invitato nessun utente a "fare di tutto" per avere un prodotto, e quindi a rubare. Il consiglio e la promozione è una cosa, ed è giusto che abbia una regolamentazione, ma assoggettare questa idea al problema nato, di una ragazza che ruba soldi per comprare trucchi costosi, questa è una responsabilità del singolo e "incolpare" chi dà dei consigli o fa anche promozione è un modo per evitare di parlare di un problema serio che c'è alla base come l'educazione. Come ho già scritto, il consumo consapevole non elimina la "criminalità".

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    1. Vedrò di risponderti per punti, forse così sarò più chiara e non dimenticherò nulla.
      1. La riflessione sul consumo consapevole e sulla difesa dal marketing è iniziata PRIMA del video di TheVhelena. Basta guardare la data di caricamento dei video (tipo Lucie, Camilla ed Emanuela).
      2. Nei video che hanno risposto a quello di TheVhelena si è data un'interpretazione del problema. Ognuno può leggere e analizzare un evento come vuole. Il fatto che molte youtuber abbiano deciso di parlare di consumo consapevole in riferimento a quel video, lascia intendere che i due argomenti non siano poi così distanti come invece credi tu.
      3. Lo stesso video di TheVhelena si intitolava "Cazzate sulla make-up collection" e non "Cazzate sulle bambine che rubano i soldi alla mamma", quindi già solo nel titolo il riferimento all'accumulazione di cosmetici era evidente.
      4. Tu stesso scrivi che in quel video si volesse far passare il messaggio che i cosmetici sono inutili e che possedere e mostrare tutti quei trucchi costosi influenzasse negativamente le persone. Nel tuo video risposta e nelle argomentazioni successive, tu ti sei concentrato solo sulla questione dell'influenza negativa. Ma in quelle richieste era nascosto sia il problema dell'accumulazione (i cosmetici sono inutili e possederne molti è assurdo) che quello del limite agli acquisti (possedere trucchi costosi è negativo). Molte youtuber, infatti, si sono sentite chiamate in causa e hanno sentito il bisogno di giustificare i loro acquisti e le loro collezioni di make-up.
      5. La stessa TheVhelena commentando la lettera ricevuta parla della sua compulsività nell'acquisto di cosmetici ormai superata; delle collezioni di make-up frutto degli omaggi delle aziende cosmetiche, ecc.
      6. Credo fermamente che il gesto di quella ragazzina abbia a che vedere più con l'educazione che con i suoi desideri. Per questo credo che non sia argomento di conversazione. Secondo me, invece, diventa argomento di dibattito il fatto che tutte le utenti di YouTube (le più piccole, le più grandi, le più responsabili e le meno responsabili) vengano tartassate da un modello di accumulazione insensato che va a braccetto con la totale mancanza di regole e tutele per quello che ormai è diventato un vero e proprio business.

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    2. 7. Come ha detto giustamente Emanuela in un suo video, non è un problema delle ragazzine. Questo shopping compulsivo di massa ha travolto anche molte donne adulte. Ti assicuro che molti mariti/compagni/fidanzati potrebbero scrivere una lettera simile a proposito delle loro mogli/compagne/fidanzate! Allora parleremmo della crisi di coppia? Di come si gestisce un rapporto sano e maturo tra uomo e donna? Scusa, ma mi viene da dire "Chissenefrega"!

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    3. Infine, il problema nella lettera è della bambina ma è chiaro che la cosa si rispecchia anche nelle donne. E anche in quel caso è solo un problema di educazionale. Non c'entra la crisi di coppia. La crisi di coppia sarebbe l'argomento tipo "shopping compulsivo". Il centro è sempre lo stesso, il resto è contorno fuori traccia, per quanto possa risultare interessante.

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  3. Come ho già scritto, uno è libero di decidere su un vlog o su un blog qual è l'argomento da trattare, però se fa riferimento ad altri vlog o post dovrebbe trattare quell'argomento; non ha molto senso dire che "ognuno può leggere e analizzare un evento come vuole": se fosse così non esisterebbe il concetto di "fuori traccia" ad esempio in un tema.

    Il fatto che lo abbiano fatto altre YouTuber lo spieghi stesso tu: c'era un intavolamento già prima dell'argomento "consumo" ma non era connesso a quello. E' stato connesso per necessità. E poi, in generale, non è che la quantità di persone giustifica.

    Il titolo del video indicava il tema ma il video parlava di una lettera e di riflessioni conseguenti (penso che tu l'abbia ascoltato), in cui c'erano anche le makeup collection ma non era certo quello il tema principale nè della lettera nè tantomeno delle riflessioni. Si parlava di accumulazione ma in termine di spreco, non rispetto all'idea del giudizio "medico" del tipo di accumulo.

    Molte YouTuber si sono sentite chiamate in causa perchè sono state giudicare come persone rispetto al loro acquisto, e questo è quanto di più sbagliato è possibile perchè, a parte che nessuno è in diritto di giudicare personalmente una persona, ma poi farlo basandosi sugli acquisti senza sapere il percorso di tipo economico che ogni singola persona è sbagliato. Che poi comunque loro non devono farlo sapere, perchè non è loro motivo dimostrare niente a nessuno: ognuno ha la coscienza critica per sapere che possibilità economiche ha, e se non è in grado di averla è un problema che deve risolvere lei e, come dicevo nel video, non si può andare alla fonte perchè che una YouTuber può comprarsi tanti trucchi costosi è una cosa che, se può fare e vuole fare, deve avere la libertà di fare.

    Il modello di accumulazione di cui tu parli non esiste: o meglio, non è responsabilità del modello non poter essere libero di avere atteggiamenti che sono consoni alla sua vita. Perchè è obbligo educazionale (e quindi non può non essere un argomento di conversazione) far capire la differenza economica di vita, anche da lì deriva la presa "a modello" di qualcuno. Quindi anche in questo c'è un grossissimo errore di valutazione che lede la libertà del singolo, che è stato preso a modello (ma di questo non ha nè "colpa" nè tantomeno responsabilità) ma che resta una persona e che quindi nella vita agisce secondo un proprio modello di vita. Non esiste un modello di vita univoco che tutti devono rispettare: non ha proprio senso come idea.

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  4. Ecco, hai centrato il problema...
    1) Per te il modello di accumulazione non esiste invece per me sì, ed è anche di una certa rilevanza. Per questo non mi interessa discutere del singolo caso (soprattutto dal punto di vista medico), ma semmai di un fenomeno sociale.
    2) Scusami, ma visto che stiamo a giudicare ciò che è fuori tema (o traccia) ti avverto che i tuoi commenti lo sono rispetto al mio post sul consumo consapevole.
    Adesso ti saluto.

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